La scurdijata è forse il piatto che meglio rappresenta il Salento contadino e povero dei nostri nonni, dove il cibo era sacro e buttare gli avanzi era un sacrilegio.
E' proprio dagli avanzi che nasce questo piatto antico e tanto gustoso che veniva consumato all'alba prima di una dura giornata di lavoro.
Nel Salento la scurdijata ha nomi diversi a seconda di dove ci si trova, da marenna, a scarfatu, a muersi, a cecamariti (così definiti perché le donne riuscivano a prendere per la gola i mariti, che tornavano stanchi dalla campagna, con una pietanza tanto buona che lasciava immaginare una lunga preparazione, mentre era invece realizzata con gli avanzi in poco tempo. I mariti ingenuamente immaginavano le mogli impegnate per una giornata intera a preparare per loro, e le consorti invece se la chiacchieravano beate con le comari e le vicine fino a poco prima del loro rientro dai campi!).
Gli ingredienti della scurdijata sono la verdura avanzata dal giorno prima, solitamente verdura di campagna, fagioli, piselli secchi, ceci o fave cotti alla pignata (cotti cioè nella tradizionale pentola di coccio insieme agli aromi che si preferiscono) e pane raffermo.
In un tegame si mette a scaldare abbondante olio con aglio o cipolla e peperoncino, poi si ci buttano dentro le verdure e si fanno saltare e dopo qualche minuto si aggiungono i legumi, si mescola e si continua la cottura a fuoco lento.
Nel frattempo, a parte si frigge il pane raffermo tagliato a tocchetti e poi lo si aggiunge al misto di verdure e legumi, lasciando amalgamare il tutto ancora un po'.
Io ho preferito evitare di friggere il pane e l'ho tostato, il risultato è stato parimenti buono, ma inutile dire che chi lascia la via vecchia per la nuova... Non ci sono dubbi, il pane fritto è da preferirsi!
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