Un ottimo piatto invernale, che in casa mia viene apprezzato tantissimo, è la trippa.
Esistono molteplici ricette di trippa, alla romana, alla fiorentina, in Calabria c'è la trippa alla carbonara, in Sicilia all'olivetana, a Milano c'è la busecca, la trippa con le patate da noi nel Salento, insomma ogni regione d'Italia ha la sua variante, ma la ricetta che io preferisco è quella di casa mia.
La trippa è un alimento ricco di proteine, sali minerali, vitamine del gruppo B e, contrariamente a quanto si possa pensare, non è grassa, anche se, ovviamente, la preparazione per dare buoni risultati richiede di non essere particolarmente parsimoniosi nei condimenti. Non dico che la trippa debba navigare nell'olio, ma se è secca secca non rende.
La trippa a modo mio, che poi è il modo di mia mamma, io la preparo così: per sei otto persone ho utilizzato:
2 kg di trippa (foiolo)
1 bella carota,
1 cipolla,
1 costa di sedano,
200 g di pancetta affumicata,
1 bicchiere vino bianco,
500 g di pomodorini in scatola,
prezzemolo,
peperoncino (io un cucchiaio di peperoncino in polvere),
sale q.b.
Ho utilizzato il foiolo, che è una delle parti dello stomaco del bovino, quella più magra, che si presenta a lamelle o con diverse pieghe bianche che ricordano un libro aperto.
L'ho lavato, sgocciolato e poi tagliato a pezzetti più piccoli
In un tegame ho scaldato l'olio e poi ho soffritto la carota, il sedano, la cipolla tagliati a dadini, con l'aggiunta della pancetta affumicata e del peperoncino in polvere. Ho fatto andare per un po' a fiamma moderata e poi ho aggiunto la trippa, l'ho sfumata col vino bianco e ho infine aggiunto i pomodorini in scatola e il prezzemolo tritato.
Ho fatto cuocere a fuoco basso per un paio d'ore, rimestando spesso. A fine cottura, ho spento il fornello e prima di servire ho fatto riposare per qualche minuto.
Ho messo nei piatti e ho portato a tavola!
Curiosità
La famosa espressione in romanesco "nun c'è trippa pe gatti" risale al 1907, quando l'allora sindaco di Roma, Ernesto Nathan, nel tentativo di risanare il bilancio comunale, che era in rosso, esaminando le varie voci di spesa, ritenne opportuno eliminare quella destinata appunto alla "trippa per gatti", cioè a nutrire una colonia di gatti che avevano il compito di cacciare i topi che rosicchiavano i documenti degli archivi degli uffici e del Campidoglio.
L'espressione "non c'è trippa per gatti", ha finito per assumere il significato di arrangiarsi, trovando soluzioni alternative, come i poveri gatti che dovettero accontentarsi di sfamarsi con i topi che dovevano cacciare!
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