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sabato 5 marzo 2016

Trippa a modo mio



Un ottimo piatto invernale, che in casa mia viene apprezzato tantissimo, è la trippa.
Esistono molteplici ricette di trippa, alla romana, alla fiorentina, in Calabria c'è la trippa alla carbonara, in Sicilia all'olivetana, a Milano c'è la busecca, la trippa con le patate da noi nel Salento, insomma ogni regione d'Italia ha la sua variante, ma la ricetta che io preferisco è quella di casa mia.
La trippa è un alimento ricco di proteine, sali minerali, vitamine del gruppo B e, contrariamente a quanto si possa pensare, non è grassa, anche se, ovviamente, la preparazione per dare buoni risultati richiede di non essere particolarmente parsimoniosi nei condimenti. Non dico che la trippa debba navigare nell'olio, ma se è secca secca non rende.

La trippa a modo mio, che poi è il modo di mia mamma, io la preparo così: per sei otto persone ho utilizzato:
2 kg di trippa (foiolo)
1 bella carota,
1 cipolla,
1 costa di sedano,
200 g di pancetta affumicata,
1 bicchiere vino bianco,
500 g di pomodorini in scatola,
prezzemolo,
peperoncino (io un cucchiaio di peperoncino in polvere),
sale q.b.

Ho utilizzato il foiolo, che è una delle parti dello stomaco del bovino, quella più magra, che si presenta a lamelle o con diverse pieghe bianche che ricordano un libro aperto.
L'ho lavato, sgocciolato e poi tagliato a pezzetti più piccoli


In un tegame ho scaldato l'olio e poi ho soffritto la carota, il sedano, la cipolla tagliati a dadini, con l'aggiunta della pancetta affumicata e del peperoncino in polvere. Ho fatto andare per un po' a fiamma moderata e poi ho aggiunto la trippa, l'ho sfumata col vino bianco e ho infine aggiunto i pomodorini in scatola e il prezzemolo tritato.


Ho fatto cuocere a fuoco basso per un paio d'ore, rimestando spesso. A fine cottura, ho spento il fornello e prima di servire ho fatto riposare per qualche minuto.


Ho messo nei piatti e ho portato a tavola!




Curiosità 
La famosa espressione in romanesco "nun c'è trippa pe gatti" risale al 1907, quando l'allora sindaco di Roma, Ernesto Nathan, nel tentativo di risanare il bilancio comunale, che era in rosso, esaminando le varie voci di spesa, ritenne opportuno eliminare quella destinata appunto alla "trippa per gatti", cioè a nutrire una colonia di gatti che avevano il compito di cacciare i topi che rosicchiavano i documenti degli archivi degli uffici e del Campidoglio. 
L'espressione "non c'è trippa per gatti", ha finito per assumere il significato di arrangiarsi, trovando soluzioni alternative, come i poveri gatti che dovettero accontentarsi di sfamarsi con i topi che dovevano cacciare!

lunedì 22 febbraio 2016

Pitta di patate alla leccese


La pitta di patate è uno dei piatti più tipici della tradizione contadina del Salento, che si tramanda di generazione in generazione mantenendo intatta l'intensità dei suoi sapori, dovuta ad ingredienti semplici e poveri, ma proprio per questo, forse, più intriganti.
La pitta si compone di due morbidi strati di patate, farciti con abbondante cipolla, olive nere, capperi e pomodori. Ad insaporirne ulteriormente il gusto ci sono poi la menta ed il pecorino salentino stagionato che vanno ad arricchire l'impasto.
Il periodo ideale per la preparazione della pitta è quello della raccolta ordinaria delle patate, la primavera, quando il sole inizia a scaldare le giornate e a far sudare la fronte.
E' in primavera che le donne salentine da sempre fanno scorta delle migliori patate novelle sieglinde di Galatina appena raccolte e si sbizzarriscono, oggi come ieri, ad inondare la casa dei profumi della pitta appena sfornato o dei panserotti appena fritti.
Le coltivazioni extrastagionali delle patate, consentita dal clima mite di alcune aree geografiche tra cui il Salento, tuttavia, fanno sì che delle patate sieglinde si possa ormai disporre per almeno otto mesi l'anno, per cui non è indispensabile aspettare le stagioni più calde per poter mangiare la pitta.
Io infatti l'ho preparata a febbraio: avendo trovato le sieglinde dal fruttivendolo il collegamento mentale con la pitta è stato immediato.
Come dicevo, gli ingredienti della pitta sono molto semplici:scrivo gli ingredienti per sei persone, anche se nella realizzazione della mia pitta ho raddoppiato le dosi.

1,5 kg di patate a pasta gialla (io sieglinde di Galatina)
4 uova
200 g di pecorino salentino ben stagionato (in alternativa va bene anche il parmigiano)
una manciata di pangrattato
un'abbondante manciata di menta (io secca)
sale
pepe

Per il ripieno
1 kg di pomodorini in scatola
due belle cipolle
2 cucchiai di capperi
1 manciata di olive nere denocciolate (ideali le celline)
prezzemolo
origano
sale

Ho lessato le patate.


Ancora calde, le ho spellate e passate allo schiacciapatate: sono operazioni queste che se fatte subito risulteranno più veloci e facili, se si esclude il fatto che per sbucciare le patate ci si pela le dita!

In attesa che le patate si raffreddassero, ho iniziato a preparare il ripieno.
Ho affettato sottilmente le cipolle e le ho fatte appassire lentamente in olio d'oliva ben caldo.


Poi ho aggiunto i capperi, le olive snocciolate, una spolverata di origano, prezzemolo tritato e i pomodorini e ho fatto cuocere per una ventina di minuti. Quando i sapori mi sono parsi ben amalgamati ho spento il fornello ed ho fatto raffreddare.


Ho poi ripreso le patate lessate e schiacciate, che nel frattempo si sono intiepidite, ho aggiunto le uova, il formaggio grattugiato, la menta (l'ideale sarebbe fresca, ma va bene anche quella secca), il sale ed il pepe, avendo cura di aggiungere anche un po' di sugo per colorare un po' ed insaporire ulteriormente l'impasto. Se questo dovesse risultare troppo morbido, conviene aggiungere una manciata di pangrattato.



Ho impastato tra loro gli ingredienti finché non ho ottenuto un bel composto omogeneo.
Poi ho preso una teglia, l'ho unta di olio e, dopo aver bagnato le mani (passaggio indispensabile se si vuole evitare che l'impasto si appiccichi tutto), ho steso un primo strato uniforme di patate, cercando di ottenere i bordi laterali.


Ho versato il condimento di pomodori e cipolle, distribuendolo su tutta la base


Ho aggiunto un po' provola dolce a pezzetti, passaggio non previsto dalla ricetta tradizionale, ma visto che ce l'avevo ho voluta aggiungerla, tanto male non fa!


Infine ho ricoperto con lo strato finale di impasto, livellandolo con le mani unte d'olio. Ho spolverato di pangrattato ed messo in forno a 180° per una cinquantina di minuti.


La pitta è pronta quando la superficie risulterà ben dorata e croccante.


L'ideale sarebbe servire la pitta quando è tiepida, perché se troppo calda diventa quasi impossibile da porzionare. Se poi dovesse avanzare, consumata il giorno dopo, secondo me diventa ancora più buona: i sapori si saranno ben amalgamati, l'impasto risulterà più compatto e gustarla diventerà ancora più piacevole.
Ottima come antipasto o come piatto unico, non si può venire nel Salento senza assaggiare la pitta di patate!