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mercoledì 16 marzo 2016

Patate rustiche con pomodori secchi


Ho cucinato queste saporitissime patate rustiche con pomodori secchi nella mai pentola di coccio, cuocendole a fuoco lento, a lungo, dando agli ingredienti tutto il tempo di inondare con i loro profumi ogni angolo della casa, cosa che magari a qualcuno potrebbe dare fastidio, mentre a me dà gioia, perché per me una casa che profuma di cibo appena cucinato è una casa viva.

Gli ingredienti di questo contorno delizioso sono semplicissimi, ma mescolati insieme danno vita a sapori ed odori inenarrabili. Ho utilizzato:

700 g di patate a pasta gialla
500 g di pomodori secchi
una grossa cipolla rossa
250 g di pomodorini in scatola
peperoncino 
sale
origano

Come prima cosa ho lavato più volte i pomodori secchi, per dissalarli, poi dopo aver portato a bollore dell'acqua in una pentola, ci ho versato dentro i pomodori, lasciandoli per pochissimi minuti dalla ripresa del bollore, dopodiché li ho scolati.

Sono poi passata alla preparazione delle patate. 
Le ho sbucciate e le ho tagliate a spicchi, immergendole in un recipiente con acqua fredda. Quando ho finito quest'operazione, ho scolato ben bene le patate e sono passata alla fase di cottura.


Ho versato una generosa quantità d'olio d'oliva nel mio tegame di coccio e dopo averlo scaldato ci ho buttato dentro la cipolla tagliata sottile insieme al peperoncino, ho fatto andare a fiamma bassa fino a che la cipolla non si è appassita e poi ho aggiunto le patate che ho rigirato più volte in maniera che si soffriggessero per bene. Successivamente ho aggiunto i pomodori secchi e anche qui ho mescolato più volte per far amalgamare gli ingredienti. Ho abbassato la fiamma e allungato con un po' d'acqua.
In un'altra pentola ho scaldato un po' d'olio e ci ho versato i pomodorini in scatola, li ho schiacciati, li ho aggiustati di sale e ho aggiunto una spolverata di origano (la quantità dipende dai gusti personali). Ho fatto andare per una decina di minuti, dopodiché ho aggiunto la salsa di pomodorini alle patate, ho mescolato, ho allungato con acqua calda e ho continuato la cottura sempre a fiamma bassissima fino a che le patate non si sono cotte e i pomodori secchi ammorbiditi. 

Io ho servito le patate rustiche insieme ad altre verdure, a pane appena sfornato e a salumi e formaggi in una serata in compagnia di amici, ma sono ottime anche come accompagnamento a secondi di carne alla griglia o da mangiare con croccanti bruschette.



mercoledì 24 febbraio 2016

Funghi pleurotus alla griglia


I funghi pleurotus alla griglia sono un contorno che in casa prepariamo molto spesso. Sono veloci e saporitissimi ed inoltre sono legati ad un mio dolce ricordo d'infanzia. Era pomeriggio ed io e mia sorella eravamo a casa di mia zia, mia madre probabilmente era ad una delle sue interminabili riunioni a scuola. Infatti, tornato dall'ufficio, ricordo che papà pranzò a casa della zia (mio padre faceva la sua pausa pranzo mentre noi facevamo già merenda). Di quel pomeriggio ricordo il camino acceso, la graticola sulla brace e carnosi pleurotus sulla graticola che della carne avevano oltre che la consistenza anche il profumo. Non so se come spesso succede i miei ricordi sono alterati da sentimenti ed emozioni legati al periodo più tenero della mia vita, ma quel profumo io lo sento ancora quando ci ripenso. Ogni volta spero di rinnovarlo, ma per quanto mi sforzi non lo ritrovo. Sicuramente non lo ritroverò mai, ma credo che forse sarei agevolata se provassi ad arrostire i miei funghi su una pigra brace, lentamente, girandoli e rigirandoli con pazienza fino a quando risultassero cotti ma non secchi, così come faceva mia zia. Io invece sono costretta ad accontentarmi della mia piastra in ghisa, che arrovento sul fornello. Il risultato è parimenti buono, ma i funghi profumano ...di funghi non di carne ai ferri, come quelli della zia!


Mentre griglio i funghi, rigirandoli di tanto in tanto per non farli seccare e bruciacchiare troppo, in un recipiente preparo un'emulsione a base di olio d'oliva, aceto e sale, dove andrò ad immergere i funghi appena tolti via dalla griglia.


Dopo averli sgocciolati, in un altro recipiente sistemo a strati i miei funghi, cospargendoli con prezzemolo tritato e peperoncino macinato grosso




Alla fine, condisco i funghi con una o due cucchiaiate dell'emulsione di olio ed aceto, in modo che l'insieme risulti ancora più saporito.
I funghi possono essere serviti oltre che come contorno, anche come gustoso antipasto, magari insieme ad altre verdure grigliate.

Buon profumo a tutti!

"...e la fiamma guizza e brilla e sfavilla e rosseggia balda audace,e poi sibila e poi rugge e poi sfugge scoppiettando da la brace..."
 G. Carducci

lunedì 22 febbraio 2016

Pitta di patate alla leccese


La pitta di patate è uno dei piatti più tipici della tradizione contadina del Salento, che si tramanda di generazione in generazione mantenendo intatta l'intensità dei suoi sapori, dovuta ad ingredienti semplici e poveri, ma proprio per questo, forse, più intriganti.
La pitta si compone di due morbidi strati di patate, farciti con abbondante cipolla, olive nere, capperi e pomodori. Ad insaporirne ulteriormente il gusto ci sono poi la menta ed il pecorino salentino stagionato che vanno ad arricchire l'impasto.
Il periodo ideale per la preparazione della pitta è quello della raccolta ordinaria delle patate, la primavera, quando il sole inizia a scaldare le giornate e a far sudare la fronte.
E' in primavera che le donne salentine da sempre fanno scorta delle migliori patate novelle sieglinde di Galatina appena raccolte e si sbizzarriscono, oggi come ieri, ad inondare la casa dei profumi della pitta appena sfornato o dei panserotti appena fritti.
Le coltivazioni extrastagionali delle patate, consentita dal clima mite di alcune aree geografiche tra cui il Salento, tuttavia, fanno sì che delle patate sieglinde si possa ormai disporre per almeno otto mesi l'anno, per cui non è indispensabile aspettare le stagioni più calde per poter mangiare la pitta.
Io infatti l'ho preparata a febbraio: avendo trovato le sieglinde dal fruttivendolo il collegamento mentale con la pitta è stato immediato.
Come dicevo, gli ingredienti della pitta sono molto semplici:scrivo gli ingredienti per sei persone, anche se nella realizzazione della mia pitta ho raddoppiato le dosi.

1,5 kg di patate a pasta gialla (io sieglinde di Galatina)
4 uova
200 g di pecorino salentino ben stagionato (in alternativa va bene anche il parmigiano)
una manciata di pangrattato
un'abbondante manciata di menta (io secca)
sale
pepe

Per il ripieno
1 kg di pomodorini in scatola
due belle cipolle
2 cucchiai di capperi
1 manciata di olive nere denocciolate (ideali le celline)
prezzemolo
origano
sale

Ho lessato le patate.


Ancora calde, le ho spellate e passate allo schiacciapatate: sono operazioni queste che se fatte subito risulteranno più veloci e facili, se si esclude il fatto che per sbucciare le patate ci si pela le dita!

In attesa che le patate si raffreddassero, ho iniziato a preparare il ripieno.
Ho affettato sottilmente le cipolle e le ho fatte appassire lentamente in olio d'oliva ben caldo.


Poi ho aggiunto i capperi, le olive snocciolate, una spolverata di origano, prezzemolo tritato e i pomodorini e ho fatto cuocere per una ventina di minuti. Quando i sapori mi sono parsi ben amalgamati ho spento il fornello ed ho fatto raffreddare.


Ho poi ripreso le patate lessate e schiacciate, che nel frattempo si sono intiepidite, ho aggiunto le uova, il formaggio grattugiato, la menta (l'ideale sarebbe fresca, ma va bene anche quella secca), il sale ed il pepe, avendo cura di aggiungere anche un po' di sugo per colorare un po' ed insaporire ulteriormente l'impasto. Se questo dovesse risultare troppo morbido, conviene aggiungere una manciata di pangrattato.



Ho impastato tra loro gli ingredienti finché non ho ottenuto un bel composto omogeneo.
Poi ho preso una teglia, l'ho unta di olio e, dopo aver bagnato le mani (passaggio indispensabile se si vuole evitare che l'impasto si appiccichi tutto), ho steso un primo strato uniforme di patate, cercando di ottenere i bordi laterali.


Ho versato il condimento di pomodori e cipolle, distribuendolo su tutta la base


Ho aggiunto un po' provola dolce a pezzetti, passaggio non previsto dalla ricetta tradizionale, ma visto che ce l'avevo ho voluta aggiungerla, tanto male non fa!


Infine ho ricoperto con lo strato finale di impasto, livellandolo con le mani unte d'olio. Ho spolverato di pangrattato ed messo in forno a 180° per una cinquantina di minuti.


La pitta è pronta quando la superficie risulterà ben dorata e croccante.


L'ideale sarebbe servire la pitta quando è tiepida, perché se troppo calda diventa quasi impossibile da porzionare. Se poi dovesse avanzare, consumata il giorno dopo, secondo me diventa ancora più buona: i sapori si saranno ben amalgamati, l'impasto risulterà più compatto e gustarla diventerà ancora più piacevole.
Ottima come antipasto o come piatto unico, non si può venire nel Salento senza assaggiare la pitta di patate!


giovedì 4 febbraio 2016

Alici spinate e fritte



Ricchissime di grassi grassi Omega 3, di proteine, di minerali preziosi per la salute dell'uomo, come calcio, fosforo, ferro e selenio, oltre che di vitamine del gruppo B, le alici sono un concentrato di salute per il nostro organismo e se oltre a questo si aggiunge la considerazione che il loro costo è veramente sostenibile, l'invito a consumarne generosamente viene spontaneo!
Tantissimi sono i modi in cui si possono preparare le alici, marinate, al forno, alla pizzaiola, ma per me la ricetta più appetitosa rimane quella delle alici spinate e fritte.
Che poi, chiaramente, è anche quella meno salutare!
Tuttavia, un modo ci sarebbe per salvarci in calcio d'angolo e cioè utilizzare per la frittura l'olio extravergine d'oliva che grazie ad un elevato punto di fumo è meno dannoso per la salute.
Di solito compro dal pescivendolo le alici ancora da pulire, ma poiché questa volta le ho trovate già tutte pulite e senza lisca che aspettavano solo di essere fritte, ovviamente non ci ho pensato su due volte e me le sono fatte incartare.
Il procedimento di pulitura e di spinatura della alici è, comunque, piuttosto semplice e veloce.
Non avendolo fatto io, ho preso in prestito una foto dal web (alice.tv) per spiegare anche con le immagini quello che dirò a parole.
Dopo aver lavato con acqua fredda e ben scolato le alici, si prende la testa tra le dita a la si stacca delicatamente. Quando la si tira verso di noi, insieme alla testa verranno via anche le interiora, come nella foto sotto.


Dopo aver estratto le interiora, eserciteremo una leggera pressione ed apriremo il pesce a libro, partendo dalle branchie fino alla coda, dopodiché staccheremo delicatamente la lisca centrale, partendo anche qui dalla testa. Una volta terminato, laveremo le alici sotto un getto molto delicato di acqua fredda e le metteremo a scolare in un colino.


Bene, passiamo ora agli ingredienti:
300 g. di alici
2 uova
200 g circa di farina 00 
pepe q. b.
sale q. b.
olio extravergine d'oliva 

Come prima cosa, in una pentola verso l'olio e lo porto a giusta temperatura. 
Nel frattempo, sbatto ben bene le uova e ci macino un po' di pepe, e verso la farina in un altro piatto.


Quando l'olio è pronto, rigiro le alici ad una nella farina,


poi le passo nell'uovo sbattuto


ed infine le friggo facendo attenzione a rigirarle su entrambi i lati, in maniera da ottenere una doratura omogenea.


Sistemo le alici su carta assorbente perché perdano un po' del loro unto e le porto a tavola ben calde.



Le alici spinate fritte possono essere servite come ottimo secondo o sfizioso antipasto, come ho fatto io!


giovedì 21 gennaio 2016

Cotolette di peperoni giallorosse


Come promesso qualche tempo fa, ecco la ricetta delle cotolette di peperoni, che io adoro, perché posso mangiarne in quantità industriali senza avere problemi di digestione, per il motivo che vi spiegherò tra un attimo.

Per prima cosa lavo e pulisco i peperoni, eliminando il picciolo ed i filamenti interni che rendono gli ortaggi particolarmente indigesti, dopodiché li taglio a fette di tre quattro centimetri.
In una pentola metto a bollire dell'acqua dove andrò a sbollentare per pochi minuti i peperoni. Questo passaggio mi consentirà sia di ridurre i tempi di cottura in forno dei peperoni, che una volta cotti rimarranno morbidi e dolci, sia di renderli più digeribili, in modo che, chi come me non ha una digestione speedy gonzales, possa mangiarne tranquillamente senza dover passare le ore successive maledicendo se stessi per aver ceduto alla gola!
Dopo averli sbollentai, metto i peperoni a sgocciolare in uno scolapasta.


Passaggio successivo: rigiro le fette di peperone prima nell'olio d'oliva che ho versato in una ciotola e poi nel pangrattato, versato in un'altra ciotola, dopodiché sistemo le cotolette così ottenute in una teglia ricoperta da carta forno.

Metto in forno a 180° fino a che non si forma una bella crosticina dorata e croccante, più o meno per un quarto d'ora.


Le cotolette di peperoni sono ottime sia da mangiare da sole, magari come contorno, come ho proposto qui, in cui li accompagnavo ai carciofi alla salentina, sia come antipasto, come invece propongo in questo post, in cui le associo a tonno, capperini sottaceto e paté di peperone piccante, a mozzarella, pomodorino pachino, olivetta e una spolverata di basilico tritato e a speck e provola dolce che io ho tagliato, per sfizio, a forma di stellina.


La mia è solo di un'idea, ovviamente, se ne possono inventare tante e tante altre, con le cotolette di peperoni sono tantissimi gli ingredienti che si abbinano alla perfezione!
Bene, io la ricetta l'ho scritta, ora vi invito a provarla, ne vale la pena, giuro!!!

giovedì 7 gennaio 2016

Rotolini fantasiosi



Durante le feste può succedere che una tranquilla seratina casalinga si trasformi improvvisamente in una seratona con quindici persone a cena e pochissimo da portare a tavola. A me è successo e neanche tanto tempo fa. Fortunatamente non mancano mai nel frigo formaggi, salumi e verdurine sott'olio da accompagnare a pane e friselline e che impediscono alla improvvisata seratona di trasformarsi in sciagura, per esempio, per la sottoscritta.
Capita, però, che non ci si senta soddisfatte se non si prepara almeno qualcosina, sia pure di veloce, che però parli di te ai tuoi ospiti. A me è successo e succede di continuo. Così, corro in frigo e trovo le basi pronte che di solito a casa mia non mancano mai, per le emergenze, appunto. Corro in dispensa e trovo paté d'olive e pesto pronto. Formaggi e salumi ce li ho, per cui ce la faccio ad improvvisare qualcosa nell'oretta che manca all'arrivo inaspettato degli ospiti.
Mentre il maritozzo apparecchia, io tiro fuori gli attrezzi del mestiere, affilo le armi e parto con gli esperimenti.
Stendo il primo foglio di sfoglia, lo spalmo di pesto, lasciando un po' di spazio dal bordo esterno per evitare che poi in fase di cottura il ripieno fuoriesca, lo ricopro di pezzetti di mozzarella,



lo arrotolo e lo taglio a fette larghe più o meno un paio di centimetri.


Sistemo i rotolini su una teglia ricoperta da carta forno e inforno a 180° per 15-20 minuti, comunque fino a doratura.


Prendo un secondo foglio di pasta sfoglia pronta, lo stendo e lo farcisco con nduja (salume calabrese morbido e piccante), paté d'olive e brie, tenendomi anche qui distante dai bordi.


Arrotolo e taglio rotolini sempre di un paio di centimetri di larghezza.


Metto in forno a 180°, fino a doratura (più o meno un quarto d'ora).


Prendo un ultimo foglio di sfoglia, lo cospargo di formaggio spalmabile tipo philadelphia e ci spezzetto sopra del salmone affumicato. Arrotolo, taglio i rotolini e metto in forno, come sopra.




Infine, prendo l'unica base pronta per pizza che ho, ne ricavo dei dischetti su cui stendo un cucchiaino di salsa di pomodoro, al centro ci metto una punta di cucchiaino di paté d'olive, aggiungo un pezzettino di prosciutto cotto, un altro di provola, richiudo, spennellando prima il bordo con dell'acqua (io!) ma è meglio se lo si fa con un tuorlo d'uovo, ottenendo dei calzoncini che metto in forno. Stessa temperatura, più o meno stesso tempo.



Tiro fuori l'ultima teglia dal forno e suona il campanello. Non si può dire che la mia cucina sia in ordine, ma chi la frequenta sa bene che difficilmente la troverà immacolata, così come difficilmente troverà la sua padrona in un posto che non sia dietro i fornelli. Come per la maggior parte dei creativi, anche per me il concetto di tempo è molto relativo!!!

domenica 27 dicembre 2015

Pampasciuni fritti (Lampascioni fritti)


Questa sera finalmente i miei amici Salvatore e Stefania ci hanno fatto assaggiare i pampasciuni fritti, di cui ci hanno sempre parlato come di una squisitezza oltre che buona anche molto bella da vedere. Beh, in effetti non posso che dargli ragione!
I pampasciuni, i lampascioni, il cui nome scientifico è Muscari Comosum (ma anche Leopoldia Comosa), appartengono famiglia delle Liliaceae. Crescono anche spontaneamente nei terreni 
pianeggianti delle regioni meridionali, soprattutto Puglia e Basilicata e presentano un fiore violaceo che sboccia dalla primavera alla fine dell'estate, mentre il bulbo si sviluppa sotto terra ad una profondità dai 10 ai 20 centimetri.



Il bulbo, che è la parte commestibile del lampascione, ha la forma di una piccola cipolla ed ha un gusto particolarmente amarognolo. Le sue dimensioni solitamente si aggirano su uno due centimetri di diametro e dieci venti grammi di peso, anche se a volte capita di trovarne anche di quattro centimetri di diametro e di 35-40 grammi di peso. 



Praticamente sconosciuti nel resto d'Italia, i pampasciuni fanno parte della tradizione culinaria del meridione, soprattutto del salento, dove, nella bellissima cittadina di Acaya, la Madonna Addolorata, diviene Madonna dei Lampascioni, la cui ricorrenza si ripete ogni primo venerdì di marzo e la celebrazione religiosa si integra con la tradizionale fiera, nonché sagra dei lampascioni, degustati in tutti i modi. 
Molteplici sono le proprietà benefiche di questo bulbo. Già noto ad Egizi, Greci e Romani, le sue virtù furono sperimentate sin dal I secolo d.C. dal famoso medico greco Galeno, che lo prescriveva come diuretico, lassativo e depurativo e, in seguito, anche da molti altri scienziati dell'antichità, tra cui Plinio e Teofrasto.
Sono ricchi di acqua, di fibre, di potassio, di calcio, di fosforo, di ferro, di rame, di manganese e di magnesio, sono assolutamente ipocalorici, avendo solo 30 calorie ogni 100 grammi, riducono il rischio di cardiopatie, sono consigliati dai dietologi per chi soffre di stitichezza, contribuiscono ad abbassare i grassi e gli zuccheri nel sangue, a prevenire la formazione di trombi e ad abbassare la pressione. Inoltre, il lampascione stimola l’appetito e attiva le funzioni gastriche, stimola la secrezione biliare, pulisce gli intestini e previene il cancro intestinale. E’ poi dotato di potere antinfiammatorio e antimicrobico, è utile particolarmente nei casi di infiammazione della vescica e dell’intestino, riduce il colesterolo. Gli antichi romani ritenevano persino che il lampascione fosse un potente afrodisiaco e sembra che per questo motivo fosse d’augurio portarlo in tavola nel corso dei banchetti nuziali.
La più imbarazzante delle controindicazioni dei lampascioni è il meteorismo che esso provoca, che rende difficile la socializzazione nelle ore successive al suo consumo!

Bene, torniamo ai pampasciuni fritti, Salvatore ha prima pulito ben bene i bulbi, privandoli della pellicina esterna e delle radici, poi li ha lavati più volte in acqua fredda, sia per eliminare residui di terriccio, sia per fargli perdere un po' del loro tipico gusto amarognolo, infine ha inciso l'estremità superiore dei lampascioni, facendo un bel taglio a croce, profondo fin quasi la metà del cipollotto.


A questo punto, è subentrata Stefania, che ha fritto i pampasciuni in abbondante olio, trasformandoli in delle vere e proprie rose dorate e profumatissime di buono.


Quando l'olio è giunto a temperatura, Stefania vi ha buttato i bulbi, avendo l'accortezza di friggerli a testa in giù, fino a quando non si sono aperti bene. Dopodiché li ha messi a scolare dall'olio in eccesso e per finire li ha salati.



Esperienza splendida, ho visto il brutto anatroccolo trasformarsi come per incanto in cigno e ho scoperto un gusto fantastico: l'amarognolo dei lampascioni a cui sono abituata si percepisce appena, si avverte solo un forte desiderio di mangiarne un altro e un altro ancora ...fino a che non ci si ricorda che, come disse Rossella O'Hara in Via con vento, "...domani è un altro giorno..." e che bisogna stare attenti alle ...correnti d'aria!